L’ACROPOLI PRIMA DELLA DISTRUZIONE PERSIANA
L’ACROPOLI DEL MITO
L’ACROPOLI DI DRACONE, SOLONE E PISISTRATO
ALTRI MONUMENTI DELL’ACROPOLI
LUOGHI SACRI NATURALI DELL’ACROPOLI
L’ACROPOLI PRIMA DELLA DISTRUZIONE PERSIANA
Atene, Acropoli pre-classica
VEDUTA D’INSIEME
Come per tutte le città antiche, la storia reale dell’acropoli di Atene si intreccia con quella fantasiosa delle leggende. A raccontarci dell’una e dell’altra insieme ci restano oggi, oltre ai formidabili documenti letterari e figurativi, i luoghi, gli scenari che fecero da sfondo alle passate vicende. Secondo una linea interpretativa degli antichi miti gli Ateniesi nascono dalla propria terra d’origine, cioè sono un popolo autoctono: infatti Cecrope, il mitico fondatore di Atene, è partorito direttamente dalla terra. L’archeologia dal canto suo ci dice che le pendici dell’Acropoli erano sicuramente abitate in maniera stabile già sul finire del Neolitico. A partire dal III millennio a.C. la zona della rocca con i suoi dintorni si poteva dire ormai un insediamento urbano articolato (è il periodo della fioritura della civiltà cretese). Di queste genti, di certo, si sa molto poco; la tradizione le chiama Pelasgi. Non si può dire se i Pelasgi erano popolazioni di ceppo asiatico (forse semitico) che si sovrapposero ad altre popolazioni locali, ancora più antiche, o fossero le stesse popolazioni locali evolutesi rapidamente a contatto con le civiltà medio orientali. Di questo oscuro periodo rimangono solo alcuni toponimi di luoghi montuosi come Imetto, Licabetto, o fiumi come Cefiso, Ilisso e, forse, anche di polis come la stessa Atene, il cui nome sembra precedere anche la mitica fondazione.
Atene fu fondata nel 1550 a.C., cioè quando stava per fiorire la civiltà micenea. Ma questo fenomeno sembra riguardare molto più da presso le popolazioni del Peloponneso; l’Attica e le terre del blocco continentale continuano a mantenere una certa autonomia di stile rispetto agli Achei del sud; autonomia gelosamente e tenacemente custodita anche nei confronti dei più feroci Dori.
L’Atene degli inizi è una città stato, né più né meno simile a tutte le altre città stato di quel periodo e cioè costituita da un insediamento posto in posizione strategica, su un’altura, difesa da mura ciclopiche entro cui, in rustiche dimore, risiedono il re (wanax o anax) con la sua corte di nobili e sacerdoti. Sotto la protezione dell’Acropoli, sia in senso spirituale che materiale, vive, sparso sulle altre alture e sulla piana da basso, il resto del popolo. La cittadella, privilegio bastionato di pochi, diventa il fortilizio di tutti in caso di attacco nemico; tutto il popolo ateniese si rifugiava dentro la cinta muraria a cercar protezione presso i soldati e gli dèi che ivi risiedevano ogni qualvolta se ne presentava la necessità.
Il termine acropoli è composto da due parole: ákros, che vuol dire alto, e pòlis, che vuol dire città, dunque significa città-alta. Quasi tutte le città del mondo antico ebbero acropoli, non solo quelle greche. Si pensi a Roma e alle altre arcies, come le chiamavano i Romani (cioè rocche), sparse per tutto il suolo italico.
La storia dell’acropoli di Atene ha inizio nel luogo ove si trovava, molto verosimilmente, la dimora del re, cioè la reggia che ha visto il succedersi dei sovrani della città fino alla trasformazione della rocca da cittadella a luogo sacro. Non si sa con esattezza quando ciò sia avvenuto; probabilmente a partire dall’inizio dell’ultimo millennio prima di Cristo, o, forse, già dalla fine del XII secolo. In seguito al cambio di destinazione, nell’area della reggia sorsero alcuni dei più importanti monumenti arcaici di Atene. Di essi non è rimasto più nulla se non impronte nelle rocce, resti di fondazioni e altre parti di edifici sacri, nonché frammenti di decorazioni. Furono i Persiani a distruggere ogni cosa durante l’invasione del 480 a.C. Tutto quello che si salvò, fu sepolto o utilizzato come materiale da costruzione dagli stessi Ateniesi per la ricostruzione dell’Acropoli. Anche se una cosa del genere potrebbe sembrare alquanto strana, la spiegazione di tutto ciò consiste nel fatto che le immagini sacre erano state ormai profanate, dunque non avevano più i requisiti ritenuti necessari per assolvere alle funzioni religiose loro assegnate.
Di tutte le divinità dell’Olimpo, Atena fu senz’altro quella che ebbe il posto d’onore. A lei furono dedicati la stragrande maggioranza dei monumenti e degli spazi sacri dell’Acropoli. Non solo ebbe recinti cultuali e altari, ma templi esclusivi sempre più grandi e più ricchi. Le tracce del primo tempio a lei dedicato sarebbero da ricercare nel luogo dove si trovava il megaron del re: in epoca micenea i templi erano ospitati all’interno dei palazzi reali. Il fatto non costituisce un’eccezione, ma la regola: anche a Tirinto il tempio dedicato ad Hera si sviluppava dal megaron reale. Ad ispirare questa ipotesi è una fonte senz’altro autorevole: Omero. Infatti nell’Iliade il sommo aedo ci ricorda che Eretteo, allevato da Atena, era stato alloggiato nel suo piccolo tempio; mentre nell’Odissea ci dice che la dèa si reca nella “salda casa” di Eretteo.
Di questo periodo, sospeso fra leggenda e realtà, rimangono come unica testimonianza due basi in marmo di Poros nell’area del cosiddetto Tempio Antico, l’Archàios Nàos, il tempio che custodiva il diipetés xoanon, cioè il simulacro di Atena caduto dal cielo, la più antica e venerata statua ateniese di culto della dea. Ma sull’effettiva appartenenza di questi due blocchi di pietra alla reggia dell’anax gli esperti non sono affatto d’accordo. Secondo alcuni studiosi essi dovrebbero appartenere al più remoto tempio dedicato ad Atena mai costruito sull’acropoli, eretto al posto del palazzo reale, al tempo del cambio di destinazione della cittadella. Di questo tempio dell’epoca di Omero, definita in storia dell’arte periodo geometrico, non è stata trovata nessuna traccia che ne possa restituire inequivocabilmente identità e ubicazione; ci sono finora solo ipotesi suffragate da debolissime prove.
L’ACROPOLI DI DRACONE, SOLONE E PISISTRATO
L’Acropoli materialmente distrutta dai Persiani di Serse era l’Acropoli di Pisistrato e dei pisistratidi, ma della sua sistemazione ci si era già occupati all’epoca di Dracone, nel VII secolo a.C., e all’epoca di Solone, il padre della costituzione ateniese del 593 a.C. In tutte queste versioni il principale monumento era l’Archàios Naòs, noto dalle fonti antiche, la cui ricostruzione si presenta impresa forse un po’ meno ardua di quella della ricostruzione del primissimo tempio dedicato ad Atena Polias. Ma anche in questo caso ci si trova di fronte ad una serie di ipotesi e nessuna certezza. Quest’ultimo santuario doveva sorgere a sud dell’Eretteo, esattamente nel posto in cui oggi giacciono i resti delle fondazioni di un grande tempio periptero. Con ogni probabilità l’Archàios Naòs fu ricostruito più volte per rispondere all’esigenza di ingrandimento del primo tempio di Atena. Conobbe tre fasi in cui ci si è andati sempre più allargando. La prima fase risale all’epoca draconiana, la seconda fase all’epoca di Solone (intorno al 570 a.C.), e la terza fase risale al 525, sempre a.C., ovvero all’epoca dei pisistratidi. Nella prima fase il tempio si presentava con un solo frontone decorato, sul lato est; nella seconda fase fu aggiunto il colonnato esterno, che ne trasformò la tipologia da probabile prostila in periptera; nella terza fase si ebbe un ulteriore ingrandimento che ne rese ancor più monumentali forme e dimensioni. Dalle vestigia conservatesi si può azzardare un’ipotesi dimensionale di quest’ultima ristrutturazione: si trattava di un tempio esastilo, con dodici colonne sul fianco, largo circa 21,50 mt. e profondo circa 43,50 mt.
Al tempio dei pisistratidi sembra apparetenere il primo grande frontone in marmo dell’Acropoli. Questo recava al centro la figura di Atena (e forse anche Zeus) in lotta contro i Giganti. Di queste statue si è conservata la grande Atena che annienta un gigante, di cui rimane solo un piede, e i corpi vigorosi di altri tre titani, uno ferito e gli altri due nell’atto di gettarsi nella lotta, sospinti dalla loro madre Gea (la terra), tutti conservati nel Museo dell’Acropoli.
Nel tempio si officiavano più riti. A est si svolgevano quelli propiziatori in nome di Atena Polias; a ovest erano collocati gli ambienti riservati ai culti di Poseidone-Eretteo, Efesto e Bute. Siamo ormai alle soglie del V secolo e in queste statue si va sempre più precisando quella che è l’interpretazione ateniese dell’essenza: la forma umana quale risultante fra due forze fondamentali della natura, quella degli elementi, esterna, cieca, e quella dell’uomo, interna, razionale.
Dell’unico frontone draconiano rimane più soltanto un leone che ha appena sbranato un vitello; nonché, ma la cosa è molto controversa, un pezzo di acroterio che raffigura la terrifica testa di una gorgone. Il leone con ogni probabilità doveva essere in compagnia di un suo conspecifico intento a fare la stessa cosa. In questo soggetto c’è ancora molto Oriente, ma stemperato dalla rigida ritualità religiosa levantina: infatti dalle figure emana un’energia titanica che tuttavia non spezza l’equilibrio armonioso dell’insieme.
Del tempio dell’epoca di Solone rimangono più cose: diversi frammenti provenienti dai due frontoni e un pezzo d’acroterio, la stessa testa di gorgone di cui si è detto poc’anzi. Dei residui frontonali sono senza dubbio più interessanti quelli che occupavano le due estremità. Essi rappresentano: a sinistra Eracle che lotta contro Tritone, a destra il mostro tricorpore Nereo, demone delle acque, metà uomo e metà serpente, simbolo delle forze primordiali, acqua, fuoco e aria. Fra loro, al centro, ancora due leoni che sbranano un toro. Il loro interesse deriva dal fatto che si tratta della prima raffigurazione del mito in un edificio sacro di Atene.
Pare che, all’epoca di Pisistrato, in occasione della riorganizzazione delle Panatenee, nel 556 a.C., fu innalzato, nello stesso punto in cui poi sorgerà il Partenone, un primo tempio dedicato ad Atena Pallas, precedente l’Hekatómpedon di Cimone e perciò detto Hekatómpedon I o antenato del Partenone. Però di questo presunto tempio fino ad oggi non se n’è trovata traccia. Oltre ad una Polias, divinità protettrice, ad Atene c’era anche un Poliéus, cioè dio protettore. Si trattava di Zeus, il quale aveva un recinto personale, con un altare e una statua di culto nel punto più alto dell’Acropoli. A lui erano dedicate le Diipòlie, feste in cui avevano luogo le Bufònie, ovvero la mattanza dei buoi secondo un particolare cerimoniale che risaliva all’epoca cretese-micenea. Queste consistevano nel seguente protocollo: il bufone, cioè il sacerdote officiante, dopo aver usato l’ascia per uccidere il bue sacrificale, la gettava a terra come per sbarazzarsene. Questa veniva raccolta dai colleghi che le istituivano un processo all’istante, come se l’uccisione dovesse essere punita perché ritenuta cosa nefanda.
Oltre a tale rito, ve n’erano altri due di origine remota che vedevano protagonista sempre Zeus. Si trattava uno del culto dedicato a Zeus Hypatos, che vuol dire Zeus sommo, e che si officiava presso l’altare che si trovava nei paraggi dell’ingresso settentrionale dell’Eretteo, e cioè nell’antico palazzo miceneo, l’altro del culto dedicato a Zeus Herkéios, protettore della casa, il cui altare si trovava nel Pandroseion, accanto all’ulivo sacro ad Atena.
Curiosità: nel rito dedicato a quest’ultimo non si dovevano uccidere animali né versare vino.
A Pandione era dedicato il Pandiόnion, un santuario piuttosto importante di cui si sono identificate le tracce nella estrema punta sud-est della rocca.
Pandione fu il quinto o ottavo re di Atene, figlio di Erittonio secondo una versione, o nipote di Eretteo e figlio di un secondo Cecrope, Cecrope II, stando ad altre fonti. A lui si deve l’istituzione della “giornata delle brocche” che cadeva durante le feste dionisiache delle Antestèrie, decretate in occasione della venuta in Attica di Oreste per purificarsi dell’uccisione della madre Clitennestra.
Nessun tempio sull’acropoli era dedicato a Teseo, ultimo re della genia eroica, discendente di Eretteo, figlio di Egeo, re di Atene e Etra, figlia del re di Trezene Pitteo. Teseo crebbe a Trezene insieme alla madre e al nonno. Divenuto un giovane bello e robusto volle intraprendere una vita rischiosa per essere degno del trono di Atene. A lui sono legate numerose leggende fra cui quella famosissima dell’uccisione del Minotauro e quella meno famosa dell’ingrandimento di Atene oltre i confini dell’Acropoli.
Un altro monumento importante era il Brauronio, cioè il santuario dedicato ad Artemide brauronia, protettrice delle donne gestanti e partorienti. Al suo interno era custodito il simulacro antichissimo della sorella di Apollo e la sua statua in marmo eseguita da Prassitele. Era situato sul lato sud-ovest, fra i Propilei e il Partenone; aveva una forma tipica, a Π (p greca maiuscola), con ali corte e tratta orizzontale ampia; si apriva sulla via sacra con un portico dorico. Più ad est si collocava la Calcoteca, un grande vano rettangolare, porticato su un unico lato, con funzioni di magazzino per suppellettili ed ex-voto in bronzo.
LUOGHI SACRI NATURALI DELL’ACROPOLI
Se all’interno dell’Acropoli non si poteva fare un passo senza calpestare un pezzettino di terreno sacro, ai piedi della rocca non si poteva entrare in uno dei numerosi anfratti che si aprivano nelle sue viscere senza invadere lo spazio di un qualche dio.
Alla base dell’arce, sul lato nord, si snodava un sentiero, il perípatos. All’imbocco con la via delle panatenee con la via sacra, a monte della calle, si trovava, all’altezza del bastione nord-occidentale, la Clepsidra, una fonte d’acqua conosciuta fin dal Neolitico, consacrata alle Ninfe. Nelle sue immediate vicinanze, ad est, si aprivano, una vicina all’altra, tre grotte cultuali dedicate, nell’ordine a Zeus, ad Apollo e a Pan. In quella dedicata al dio Apollo vi era il tempio rupestre di Apollo Hypòmacráis, ovvero il tempio di Apollo sotto le rocce lunghe, o semplicemente Ipacraio, che vuol dire tempio sotto l’acropoli. Era un tempio di antica tradizione e si richiamava ad un mito attico cantato da Euripide (480-406 a.C.) nella sua tragedia Ione. In questo luogo sarebbe avvenuto l’incontro del dio con Creusa, la più giovane delle figlie di Eretteo, dal cui amore nacque Ione, l’eponimo degli Ioni.
Spostandoci in senso orario, all’altezza dell’area sacra dedicata ad Atena Polias, si aprono una serie di grotte collegate attraverso un passaggio sotterraneo con il piano dell’acropoli. Erano situate all’interno del recinto sacro dedicato ad Afrodite ed Eros, sede di riti particolari. Ogni anno ci si recava qui facendo dono alle divinità di cofanetti contenenti la richiesta di favori che dovevano rimanere segreti. Ad Aglauro era dedicato un recinto sacro sulle pendici est, dove si trovava anche un altare consacrato a Gea Kurotrόphos, ovvero alla terra che alleva fanciulli, presso il quale ogni anno, a partire dall’epoca arcaica, gli efebi (giovani) si riunivano per prestare giuramento.
Sulle pendici meridionali si trovava la tomba di Talo, ucciso dallo zio Dedalo (??) perché geloso del suo ingegno creativo. Sullo stesso versante, non lontano, nei pressi di una fonte, dove sorse poi il santuario di Asclepio, dio della medicina, si trovava il luogo dove Ares (Marte) aveva ucciso Alirrozio, figlio di Poseidone, poiché aveva tentato di violentare Alcippe, figlia sua e di Aglauro. Sempre nella stessa zona si trovava anche la tomba di Ippolito, figlio di Teseo. Accanto era un tempio di Temi, dèa della giustizia, sorella di Crono e degli altri Titani, madre delle Ore e delle Moire. Facevano probabilmente riferimento a lei le iscrizioni di epoca classica che si trovavano nel teatro di Dioniso, in cui si nomina Atena Temi, cioè l’Atena della legge. Più in alto, in uno dei tanti anfratti, si trovava un secondo tempio dedicato ad Afrodite, che lo si voleva fondato da Fedra, sposa di Teseo e matrigna di Ippolito.
Anche le pendici occidentali erano sede di santuari. Vi erano quello dedicato alla già ricordata Gea Kurotrόphos (un secondo) e quello dedicato alla Demetra Cloe, ovvero alla Demetra Verde, in onore della quale si svolgevano nei suoi pressi le feste chiamate appunto Cloe. Vicino all’ingresso dell’acropoli doveva esserci poi il terzo tempio dedicato ad Afrodite, il tempio di Afrodite Pándemos, fondato da Teseo, all’epoca dell’ingrandimento di Atene.
Infine, alla triste storia di Egeo, padre di Teseo, era legato l’Herόon, che si ergeva sul pýrgos, il bastione miceneo posto a guardia dell’Acropoli, dove in epoca classica fu costruito il tempietto di Atena Nike.